
Dott.ssa Cucciniello: Siamo alla seconda edizione della mostra concorso desiderio d’arte. Abbiamo visto un’attiva partecipazione da parte dei giovani delle scuole superiori. Attraverso l’elaborazione artistica e la creazione di arte visiva, le nuove generazioni sono stimolate a coltivare il proprio senso critico e ad approcciarsi alla conoscenza del patrimonio artistico. Come ritiene che la mostra abbia offerto il proprio contributo per aiutare le nuove generazioni ad avvicinarsi alla conoscenza del patrimonio culturale?
Prof. Gaeta: Io penso che tutte le esperienze della creatività siano percorsi di formazione dell’individuo, quindi sono momenti in cui l’individuo si confronta con la dimensione interiore dell’immaginazione ma anche con l’importante dimensione della produzione. È un momento di mediazione tra l’idea e il fare. Infatti i tre momenti fondamentali sono l’immaginazione, il progetto e la realizzazione. Ma questa triade è alla base non solo della formazione artistica o di quelle che noi chiamiamo le competenze o le sensibilità estetiche, cosa di cui questo momento la società ritengo abbia bisogno, cioè una capacità di recuperare una dimensione estetica anche come strumento critico di lettura della realtà, ma sono anche un importante banco di prova per la costruzione della dimensione interiore del soggetto, quindi del cittadino soprattutto quando si tratta di giovani soggetti. Perché questo momento della mediazione tra l’idea e il prodotto che passa attraverso il progetto, è un momento in cui si impara a come costruire un percorso armonico, a riconoscere l’esigenza che c’è nel passaggio dalla visione teorica alla realtà. Quindi in fondo c’è una crescita, una maturazione. Quindi ritengo che tutte le esperienze come questa di Desiderio d’arte, portino poi alle giovani generazioni, in questo caso moltissimi sono allievi già inseriti nei percorsi, alla formazione. Peraltro sono molti i licei con cui noi lavoriamo abitualmente: ho visto il liceo Sabatini-Menna, ho visto una serie di scuole con cui ci sono antiche relazioni di collaborazione, tra l’accademia e queste realtà scolastiche. Noi stiamo facendo progetti nell’ambito di Scuola Viva proprio con queste istituzioni, quindi proprio perché sono per noi degli interlocutori naturali e lo sono perché lavorano in un territorio delicato e sensibile; e ciò avviene in un periodo cronologicamente antecedente a quello che è il lavoro che poi vengono a fare eventualmente in Accademia, proseguendo i loro studi, costruendo delle premesse che si possono costruire in maniera efficace proprio in quella fascia della vita. Quindi lavorare su questi territori, che sono territori di confine, non sono territori definiti, avendo anche, come dire, la sensibilità di comprendere che a questi ragazzi si fa formazione, dal mio punto di vista è il più importante progetto, che il prodotto in alcuni casi. Perché la formazione prevede un’attenzione verso il processo, che è finalizzata sia alla realizzazione di un prodotto, ma che noi dobbiamo valutare in ragione di quello che è l’efficacia, cioè il vero elemento importante. Questo elemento è nel processo che loro mettono in atto anche a partire da un’opportunità, che è quella della mostra, del premio che opera in questo campo. La conoscenza del patrimonio culturale, che è il correlato diciamo di questa esperienza, è legata al fatto che se noi non sviluppiamo delle competenze estetiche, anche l’enorme opportunità di relazione estetica col mondo, che la parola estetica letteralmente significa tutto ciò che pertiene i sensi, quindi è una visione come dire, di una dimensione nella quale noi attiviamo le nostra capacità senzienti in rapporto a quello che è lo strumento, e noi siamo ciò che è la nostra mente, per relazionarsi al mondo. Il mondo non ha significato, se noi non sviluppiamo delle competenze estetiche, non siamo in grado di riconoscere, non siamo in grado di decodificare, non siamo in grado di collocare quella esperienza all’interno di noi stessi e noi stessi all’interno dell’esperienza. Quindi il bene culturale per definizione è un bene culturale per ciò che qualcuno riconosce come tale, non è l’oggetto in sé ma è la relazione che stabiliamo con quel bene, con quella architettura o con quella opera, a definire quell’oggetto come un bene, perché deve essere un bene per qualcuno, per qualcuno che lo riconosce come tale. Poi esiste un’oggettualità del bene che noi tuteliamo. Alle mie spalle per esempio c’è l’immagine della Donazione Palizzi, che è uno dei fiori all’occhiello nell’accademia di Belle Arti, non casualmente, perché questa donazione fu donata da Palizzi all’accademia con la finalità dello studio, quindi per giovani studiosi che si esercitavano nell’arte della rappresentazione, avendo di fronte quelli che possiamo considerare degli studi. E bene questo momento di confronto fra la propria immagine, l’immagine dell’artista o la propria immagine e l’immagine della realtà, è un momento straordinario di crescita, che imprescindibile per la valorizzazione del patrimonio culturale. Se io non riconosco quel patrimonio come un patrimonio, quindi qualcosa che mi appartiene, non sono neanche in grado di apprezzarlo, di valorizzarlo e tantomeno di tutelarlo.
Dott.ssa Cucciniello: Lei ha reso vivo il concetto di quanto i giovani abbiano necessità di avvicinarsi al proprio patrimonio culturale e quindi alla propria memoria storica, per arricchirsi e anche per riuscire magari a sviscerare un’interiorità emozionale che spesso è, in una società contemporanea molto veloce, ovattata.
Prof. Gaeta: Fortemente condizionata, soprattutto in questo periodo dove le relazioni sono state in qualche modo trasportate dalla dimensione della relazione materiale a quella della relazione virtuale, ancor più di quanto già non stesse avvenendo, e che per alcuni casi è stato un processo accelerato. Magari per la mia generazione era meno significativo, magari per le nuove generazioni già esisteva un apprendistato, diciamo dello strumento, anche se io non credo che il problema sia la differenza fra le generazioni. Credo che ci sia oggi un problema diffuso di rapporto con quello che è la dimensione del reale, che deve essere una dimensione critica. Critica nel senso positivo, nel senso proprio della capacità di filtrare, la parola appunto significa questo. Si acquista la capacità di filtrare le informazioni, collocandole secondo un ordine, secondo un principio di gerarchia, che ci consente di orientarsi nella realtà senza essere spaesati, senza essere persi. E questo per gli studenti per i giovani studenti, secondo me è un’esperienza particolarmente importante, perché l’obiettivo della motivazione dell’apprendimento nella scuola è un obiettivo primario, forse ancor più primario con il livello terziario, quindi i colleghi delle scuole fanno un lavoro straordinario. Dai primi cicli a salire perché costruiscono questa dimensione, questo terreno, che è un terreno fatto non solo di nozioni o di informazioni, ma proprio anche di predisposizione: di predisposizione interiore, mentale, ma anche di predisposizioni sociale. Quindi le scuole sono luoghi della socialità, lo è anche l’Accademia, ma senza un momento iniziale di costruzione dell’identità collettiva, anche chi lavora nel nostro livello può fare ben poco. La sinergia è fondamentale.
Dott. Cucciniello: La ringrazio molto per la sua lezione e il suo tempo.
Prof. Gaeta: Non è la lezione, ma una riflessione. Mi fa piacere che ci sia una condivisione di contenuti. Noi nell’Università vediamo questa cosa con un nome ben preciso, questo tema della terza missione, che io ritengo fondamentale. Tant’è vero che il Ministro attuale, che è stato Rettore della Federico II e che ci ha spesso onorato della sua presenza negli anni, diceva una cosa che riprendo spesso con grande convinzione: che la terza missione è la prima missione, cioè quella di essere volano dello sviluppo sociale, culturale, economico e civile dei territori in cui operiamo. Anche le altre missioni la formazione e la ricerca sono fondamentali, ma quella è la cornice, la missione di cui parlavamo di essere operatori del territorio, diciamo è la cornice, nella quale tutte queste esperienze hanno senso, acquisiscono senso.